Corallo Rosso, biologia, storia e curiosità di un animale dal fascino leggendario.
Il nome “Riviera del corallo” non è casuale per il litorale algherese nel quale Sealives propone le proprie escursioni in mare. Tutti lo conoscono senz’altro di vista ma forse non tutti sanno che il corallo è un essere vivente. Esso infatti fa parte del regno degli animali ed è l’unica specie del genere Corallium che vive nel mar Mediterraneo.
Forma colonie ramificate, che possono superare i 20–30 cm di altezza, di colore generalmente rosso brillante, ma a volte rosa. Lo scheletro calcareo, durissimo è ricoperto da uno strato di tessuto molle chiamato cenosarco.
Al suo interno, lo scheletro possiede una rete di canali molto simile al sistema circolatorio.
Attraverso questo sistema di canali si alimentano tutte le parti dello scheletro, non solo, ma vengono passate le informazioni a tutta la colonia di polipetti che stanno all’interno. I polipi sono bianchi e trasparenti, lunghi solo pochi millimetri, con otto tentacoli bordati di appendici pinnate, visibili quando questi sono estroflessi per la cattura del cibo.
Se proviamo a toccare un solo polipetto, anche periferico, questo, riconoscendo uno stato di pericolo, si contrae all’interno della sua cavità nascondendosi completamente alla vista e così faranno tutti i polipetti della colonia: segno che le informazioni filtrano subito da un polipo all’altro. Pertanto non possiamo pensare a una serie di polipetti che vivono vita autonoma sia pure in colonia, dobbiamo invece vedere i polipetti come le bocche attraverso le quali il corallo si nutre e mantiene i contatti col mondo esterno.
Il Corallo ha bisogno di condizioni di vita particolari: salinità dell’acqua costante, ridotto movimento dell’acqua e illuminazione attenuata, vive pertanto preferibilmente in luoghi ombrosi e riparati come grotte semioscure, strapiombi, fenditure delle rocce, a partire dalla profondità di 20/30 metri fino a 200 metri. Ha una crescita di circa 3–4 cm l’anno in altezza e di 0,25-0,60 mm l’anno in diametro.
Il corallo porta con sé più di 30.000 anni di storia. Testimonianze del suo utilizzo ci pervengono attraverso i sepolcri neolitici o tra i gioielli di una dea sumerica (4000 a.C.), dall’antico Iran alla mitologia greca (dove si pensava fosse il sangue sgorgato dalla testa pietrificata della medusa), e ancora Plinio il Vecchio lo annovera come rimedio per diversi mali; fino ad arrivare al 1599, dove nel Trattato del Mare Ferrante Imparato decide (sbagliando) che nel corallo è chiara la natura vegetale.
Sono stati in tanti (filosofi, poeti, medici, naturalisti) ad esprimere il proprio parere sull’argomento, eppure già nel 1600 l’alchimista napoletano Filippo Finella aveva affermato con prove convincenti che quella pianta o pietra era invece un animale. Nessuno, però gli dette ascolto finché dopo un secolo, nel 1723, il francese Jean Atonie Peyssonnel, medico marsigliese annuncia che questo discusso alberello è un’animale, anzi una colonia di animali!
Ma tale affermazione verrà categoricamente rigettata dagli studiosi del tempo ancora per qualche decennio, e il povero Peyssonnel fu considerato un folle.
Bisognerà attendere il 1864 per ammirare l’opera più completa e consultata, appartiene al ricercatore francese Henri Lacaze-Duthiers, anche se è doveroso nominare, senza per questo sminuire la sua meritata fama, il ricercatore Filippo Cavolini, dell’Università di Napoli, il quale aveva pubblicato nel 1683 le sue Memorie per servire alla storia dei polipi marini, uno studio accurato dell’anatomia dei polipi del corallo.
Il corallo nei secoli è stato fatto oggetto di numerose superstizioni. Essendo il rosso il colore del sangue si associò a questo colore il significato della vita stessa, come se senza quel “rosso” non potesse esserci vita; e sempre quel istinto suggerì di portare sul proprio corpo qualcosa dello stesso colore che all’occorrenza, potesse sostituire l’altro.
È stato così che l’uomo ha creduto di aver trovato la protezione contro la morte nel corallo, del quale ne scoprì poi anche la bellezza. Esso fu adattato agli usi più diversi: apotropaico, pietra preziosa, medicamento, moneta, ornamento, afrodisiaco, fertilizzante.
Nei tempi antichi veniva spesso ridotto in polvere e mescolato ad acqua, così trattato era ritenuto in grado di curare numerose malattie. Gli veniva attribuito pure il potere di scacciare gli spiriti maligni, di infondere la saggezza, di fermare le emorragie e di abbassare la febbre. Un tonico conosciuto come “tintura di corallo” veniva ottenuto scaldando un ramo di corallo in cera fusa e immergendo il miscuglio in una soluzione alcolica. Esso aumentava la trasudazione e sortiva un effetto diuretico, espellendo quindi “gli umori cattivi” dal corpo, e sempre in passato, si riteneva che il corallo rosso mutasse il colore in base allo stato di salute del possessore. In Italia la tradizione del corallo è centenaria, nel XVII-XVIII secolo i tipici orecchini a boccola con collana abbinata erano ritenuti il minimo indispensabile per un dignitoso corredo da sposa, nel XVI secolo le stesse leggi suntuarie ligie e severe per quasi tutte le tipologie di gioielli non hanno mai limitato l’uso del popolare corallo. Nel nostro paese sono tuttora diffusi gli amuleti di corallo, come protezione dal malocchio, dalle energie maligne, dalla mala sorte e come cura contro la sterilità.
Dai primi anni del XX sec. Alghero è divenuta la capitale della pesca del corallo, a seguito della scoperta dei banchi di pesca dai pescatori di Torre del Greco dopo la fine della pesca dei “banchi morti” di Sciacca.
Negli archivi storici della città è annotata la presenza in porto, nelle stagioni estive, di migliaia di barche coralline. Per secoli tali barche effettuavano il prelievo attraverso la tecnica dell’ingegno, l’attrezzo a croce munito di una pesante sbarra metallica alla quale venivano assicurati numerosi pezzi di rete. Per la particolare azione devastante dei fondali di tale strumento questa tecnica in Sardegna è stata completamente vietata.
Ad oggi la pesca del corallo in Sardegna è consentita esclusivamente ad un numero ristretto di persone autorizzate le quali devono anche rispettare un ferreo regolamento come ad esempio il vincolo di non poter prelevare il corallo ad una profondità inferiore agli 80 metri.